Giurata e conduttrice del talent di Sky raccontano a "Chi" i segreti dei live al via il 24 ottobre
È un X Factor tutto nuovo, questo del 2024, al via con i live da giovedì 24 ottobre, sempre targato Sky Original e prodotto da Fremantle. Nuovo perché, a parte il ritorno di Manuel Agnelli, sono cambiati i giudici e la conduttrice: al tavolo siedono Agnelli, Paola Iezzi, Jake La Furia e Achille Lauro, mentre sul palco e dietro le quinte, ad accogliere e presentare i cantanti in gara, c’è Giorgia.
Nuovo anche perché, per la prima volta (o quasi), in questa 18ma edizione i giudici sembrano andare d’amore e d’accordo: divertiti, divertenti e senza mai uno screzio (finora). La componente femminile della nuova edizione racconta a “Chi” quanto poco si sentano “star” loro stesse... Cosa che rende più facile per Paola Iezzi e per Giorgia trovare un feeling con i giovani cantanti delle quattro squadre.
- Paola Iezzi e Giorgia: quando una giuria ha giudicato noi
- Paola Iezzi e Giorgia: i nostri consigli alle squadre di "X Factor"
- Paola Iezzi e Giorgia: i nostri inizi senza talent né social
Paola Iezzi e Giorgia: quando una giuria ha giudicato noi
Ricordate la prima volta che vi siete esibite e siete state votate da una giuria? Non la prima esibizione davanti a un pubblico, ma proprio la prima esperienza davanti a una giuria!
Giorgia: «La prima giuria per me è stata quella che doveva decidere se potevo suonare in uno dei club di Roma che preferivo, il “Classico”. Si usava passare lì a lasciare le cassette con il demo del gruppo che voleva esibirsi, il mio si chiamava Giorgia Todrani’s Group (Todrani è il suo vero cognome, ndr). Ci misero un voto basso, tipo un 5 e mezzo, che non bastava per suonare lì. Poi, qualche tempo dopo – perché la vita è buffa – mi sono ritrovata a suonare proprio con la persona che ci aveva messo quel voto e ancora oggi, dopo tanti anni, glielo rinfaccio! Comunque, poi, al Classico ci suonai tante volte».
Paola. «Certo che me lo ricordo. Con il nostro gruppo Elefunky (che contava Paola, la sorella Chiara Iezzi e altri componenti, ndr) ci eravamo iscritti a Castrocaro, ma fu un mezzo disastro, nel senso che avevamo scelto un pezzo non adatto, una cover, e non andò bene. Quell’anno (era il 1992, ndr) vinse Barbara Cola, noi invece manco ci classificammo nei primi tre. Però dopo qualche mese fummo scelti da Max Pezzali per andare in tour con lui... quindi meglio così».
Paola Iezzi e Giorgia: i nostri consigli alle squadre di "X Factor"
Quale consiglio Paola darà alla propria squadra e quale dritta entrambe dareste a ciascun giovane che voglia farsi spazio nella musica?
Paola. «Il consiglio è sempre lo stesso: non pensare troppo alla gara. La musica non è una gara. La gara in tv serve per tenere gli spettatori incollati allo schermo e creare dinamica. Il consiglio è di restare concentrati sempre sul perché hanno scelto la musica nella loro vita e di farsi guidare da quel fuoco che hanno dentro, quella fiammella che è il principio di tutto. Di alimentarlo senza mai farlo spegnere, perché sarà la sola cosa che resterà accesa quando tutto intorno sarà buio».
Giorgia. «Io con le dritte non sono brava... quella che posso dare è di essere fedele a quella voce interiore che ti dice che cosa fare e quindi seguire la propria ispirazione. Ovviamente i consigli vanno ascoltati, ma non bisogna mai fare cose che non si vogliono fare, perché poi restano».
C’è invece un avvertimento che vorreste avere ricevuto voi quando eravate alle prime armi come loro?
Giorgia. «Avrei voluto che mi dicessero proprio quello che direi io ai ragazzi, cioè di ascoltare, collaborare e avere scambi, ma di seguire in fondo quell’istinto che non deve essere tradito. Mentre, quando ho iniziato, tutti volevano dirmi che cosa fare e non si interessavano di quello che avrei voluto fare io. Però, poi, certe cose si imparano».
Paola. «Il consiglio di curare la propria interiorità, sempre. Di essere vigili su se stessi e sulla propria salute, mentale e fisica: mente e corpo devono dialogare sempre. Di non perdersi mai appresso ai troppi complimenti o al luccichio di certe promesse. Di lavorare tanto e sempre. Di prendersi delle sane pause dopo aver lavorato. Il riposo e la noia sono importanti per tutti, ma soprattutto per gli artisti: l’arte ha bisogno di un tempo di incubazione e di decantazione, senza il quale questo mestiere diventa pura nevrosi, pura ricerca del successo. E questo non renderà mai nessuno felice, ma soltanto nevrotico, prima, e infelice, poi. Ma anche il consiglio di scegliere con cura i propri amici e di dedicarsi a un’attività o un hobby che ti piace che ti porti fuori dall’ambiente di lavoro e ti faccia divertire o ti dia un po’ di pace. Di ridere: tanto, sempre, di tutto quello che ti succede. Anche dei premi più prestigiosi che ricevi».
Paola Iezzi e Giorgia: i nostri inizi senza talent né social
Che effetto fa guardare indietro a quando è arrivato per voi il successo prima che esistessero i talent e prima dei social? Meglio allora o oggi per ciascuno di voi?
Giorgia. «Io quando guardo indietro vedo più le cose che non ho fatto, rispetto a quelle che ho fatto. Certo, oggi mi fa veramente impressione pensare che questi trent’anni siano andati così velocemente e mi dispiace di essere stata, molto spesso, non completamente consapevole di quello che accadeva, di non essermi spesso gustata le cose. Che non ci fossero i social è un bene, perché avrei fatto un sacco di guai e soprattutto, a vent’anni, con il mio carattere, avrei mal sopportato quella violenza verbale che a volte viene così facilmente espressa sui social».
Paola. «Sono due mondi completamente diversi. Non saprei dire. Ci sono i pro e i contro di entrambi i mondi. È un discorso veramente complesso».
Qual è il vostro X Factor e in quale occasione avete capito di averlo?
Giorgia. «Io ho l’X Factor come cuoca e lo capisco ogni volta che metto in tavola per la mia famiglia. Ogni volta o... quasi!».
Paola. «Il mio X Factor? Io sono un diesel: parto lentamente ma sono determinata, non mollo mai. Sono testarda e aperta, ironica e autoironica. Amo essere sottovalutata perché mi piace sorprendere le persone. In fondo anche quello è un modo di fare spettacolo. Ho sempre amato gli “underdogs” (perdenti, ndr), mi sono sempre reputata una outsider nella vita. Ho sempre dovuto convincere le persone con i fatti, con il valore del mio lavoro».