Francesca Fagnani: «Sono una belva di montagna»

28 Agosto 2024

«La preferisco al mare perché non c’è la dittatura del bagno e dell’abbronzatura», confessa la conduttrice di “Belve”. «Vivo fuori Cortina perché così posso uscire in pigiama con i cani e non devo incontrare persone che poi sarei costretta a frequentare»

Francesca Fagnani, dalla montagna, ha preso il senso delle proporzioni: non è retorica, non è polemica, non è litigiosa, riporta sempre tutto alla giusta dimensione. Eppure conduce un programma di successo che si intitola Belve. Sarà buona o cattiva? «Macché cattiva, ho un cuore di panna… I miei ospiti escono sempre meglio di come sono entrati».

Incontriamo Francesca a Cortina, anche se lei abita un po’ fuori. «Stare fuori Cortina mi dà la libertà di uscire la mattina a portare fuori i cani in pigiama, ma, soprattutto, di non incontrare tutti i giorni persone che, poi, mi sentirei costretta a frequentare. A Cortina vado volentieri a fare l’aperitivo e a cenare, ma per me è soprattutto il punto di partenza perfetto per raggiungere le mete più belle del Cadore».

Che cos’è per lei la montagna?
«È l’alternativa al mare che preferisco. La montagna è meno statica e ti permette di cambiare orizzonte ogni giorno, senza la dittatura dell’abbronzatura e del bagno».
Ha mai preso decisioni importanti in montagna?
«Mi ha sempre aiutato moltissimo perché mi permette di staccarmi dalla quotidianità e dagli umori negativi. E poi la sua altezza abbassa ogni velleità: ti fa capire che non sei più grande di quello che sei».
Ha mai corso il rischio di montarsi la testa?
«Ho fatto vent’anni di gavetta e sono contenta di essere arrivata ad avere questo affetto da parte delle persone adesso che ho i piedi per terra e le spalle larghe e, soprattutto, la consapevolezza che il successo è un’onda».
È mai stata sottovalutata?
«Ogni volta che faccio una cosa penso che, in quel preciso momento, sia la più adatta per me: quando lavoravo da Giovanni Minoli, e quando ero inviata da Michele Santoro, mi sentivo nei posti migliori dove poter stare. Mi sento una privilegiata perché mi sono sempre state date delle occasioni».
Minoli dice che la prima domanda è sempre la seconda.
«L’importante è che ci sia sempre una seconda dopo la prima, se la risposta non è soddisfacente».
All’inizio in pochi volevano venire da lei a Belve, adesso c’è la fila.
«Eravamo meno conosciuti e non ho mai voluto ospiti che venissero a promuovere qualcosa. La mia intervista è più complessa, perché chiedo agli ospiti di mettersi in gioco, e capisco che ci sia resistenza. Ma, adesso che Belve è un programma pop, chi viene si diverte e lo fa sapendo che c’è un ritorno di immagine».
Quali sono state le sue montagne da scalare?
«Tutti i traguardi implicano una salita, la discesa è un premio».
E la sua vetta?
«Quando uno si chiede “che cosa farai da grande?” ed è già grande, penso sempre che ci sia qualcosa che non va».
Il 21 agosto, proprio a Cortina, presenta il suo libro Mala. Roma criminale, in cui racconta la malavita romana degli ultimi anni. Che cosa le ha portato?
«Intanto scriverlo è stata una grande soddisfazione, doppia perché dal libro nascerà un film».
La affascina il male?
«Quello della criminalità è un mondo che attrae perché è interessante anche soltanto capire le ragioni della devianza».
Che cosa accomuna i boss?
«Sono uomini ambiziosi, anche se la loro ambizione è volta al male, e intelligenti, anche se la loro intelligenza è volta al male».
Lo sanno che non finirà bene, nel senso che verranno arrestati o, magari, uccisi?
«Nel documentario Il prezzo sostengo proprio che i criminali non diano un prezzo alla vita degli altri, ma nemmeno alla loro. Parliamo di persone che vivono con un destino segnato».
Poi è passata a intervistare i personaggi dello spettacolo, dell’attualità. Ma quando uno inciampa le dispiace o gode?
«Belve è il tempio dell’imperfezione, sedersi su quello sgabello, in fondo, è un’operazione simpatizzante. Non godo degli inciampi, ma mi piace vedere le persone nella loro veste più umana».
Maria De Filippi ha detto “Non sono una psicologa, sono una che ascolta”, e lei?
«Studio molto la persona che ho davanti e cerco di andare a fondo nella sua psicologia. Però ha ragione Maria: se tu non ti poni in ascolto, magari ti perdi qualcosa. Le risposte sono sempre più importanti delle domande».
Si arrabbia se un ospite non risponde?
«Mi arrabbio con me stessa perché ho scelto l’ospite sbagliato. Ma il mio non è un interrogatorio, noi giornalisti non siamo magistrati e non otterremo mai una verità assoluta, ma soltanto quella soggettiva, che è già tanto».
Chi vorrebbe come ospite a Belve?
«Alfonso Signorini. Anzi, ne approfitto per fare un appello a Mediaset: “E su, che vi costa liberarlo per una sera”?».
La prima domanda?
«E che, glielo vengo a dire a lei?».

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